LA CURA DI SE’
DELL’OPERATORE IMPEGNATO IN COMPITI DI CURA, ASSISTENZA, EDUCAZIONE DEI BAMBINI
La cura di sé
parte dall’individuazione e dal riconoscimento del proprio disagio, che chiede
di trovare momenti e spazi dove essere accettato, accolto, condiviso ed
elaborato. In un gruppo di lavoro
centrato sulla cura degli altri, sull’impegno di assistenza ed educazione le fonti di disagio sono raggruppabili in tre
tipologie.
1. Disagio da relazione. La relazione
professionale sollecita sensi di responsabilità verso i bambini e verso i
genitori, che possono risultare logoranti, emozioni i di ansia, di
inadeguatezza, di incertezza, di dolore che possono essere fonte di stress. Si
tratta di vissuti che non è facile
smaltire stante gli scarsi spazi di confronto e riflessione di cui gli
operatori dispongono.
2. Disagio da organizzazione. Il disagio
dell’operatore può essere amplificato da problematiche istituzionali e
relazionali legate all’organizzazione del lavoro tra figure professionali
all’interno della medesima istituzione o nella rete. L’organizzazione del
lavoro, talvolta risulta complessa,
deficitaria e condizionata da scelte
istituzionali e sociali limitanti o carenti
dal punto di vista della tutela dei soggetti deboli e dell’investimento sulla
relazione di aiuto.
3. Disagio da storia personale. Un’ulteriore
causa di malessere per gli operatori e i professionisti che operano su
situazioni di grande sofferenza può nascere dal fatto che l’intervento educativo
può richiamare alla mente esperienze
personali, nel ruolo di genitore o di figlio/a, vissuti del passato, ancora
doloranti in qualche angolo della mente, problematiche psicologiche e
relazionali, non pienamente elaborate.
Il corso può essere strutturato con diversi indirizzi
sulla base della costruzione di un clima di comprensione e fiducia reciproca
all’interno del gruppo dei destinatari
della formazione , sulla base delle domande e emergenti e delle richieste espresse dal committente. Il
corso propone una sinergia di diverse metodologie di cura del Sé professionale e personale.
Illustriamo brevemente queste metodologie.
a.
L’intelligenza emotiva è uno strumento
per far crescere:
·
l’autoconsapevolezza,
ovvero la capacità dell’operatore di riconoscere, rispettare e mettere in
parola le emozioni più intense incontrate nell’attività professionale;
·
la
capacità di controllare gli impulsi emotivi senza reprimerli e senza entrare in
conflitto frontale con essi e senza neppure, tuttavia, farsene travolgere;
·
la
capacità di sviluppare l’efficienza mentale e di motivarsi in modo globale (con
la razionalità e con l’emotività) al raggiungimento di obiettivi e finalità;
·
la
capacità di percepire e comprendere le emozioni altrui, riuscendo ad essere
sensibili ed empatici;
·
la
capacità di interagire positivamente con le persone, di trattare con efficacia
le interazioni, i conflitti, i problemi comunicativi e relazionali con gli
altri (utenti, colleghi ed altre figure professionali).
b.
La
meditazione di consapevolezza, nelle
sue molte forme e pratiche sviluppate in 2500 anni di tradizione buddhista, è uno
strumento potente per ritrovare la connessione con il centro di noi stessi e
con la capacità di mantenere la presenza mentale. Il praticante impara a
cogliere e acquietare il movimento disordinato dei pensieri; nel maggiore
silenzio interiore può distinguere più chiaramente quella che è la realtà da
quelli che sono i suoi abituali schemi percettivi e reattivi, che distorcono la
realtà e generano sofferenza. Dalla
meditazione di tradizione buddista sono nate nell’ambito della psicologia
occidentale diverse prospettive teoriche e
pratiche che cominciano a diffondersi (a partire dalla Mindfulness Based
Stress Reduction (che significa la “Riduzione dello stress basata sulla
consapevolezza”).
Le tecniche di meditazione orientali, trasformate in
Mindfulness in Occidente, consentono di
allenare la mente ad alcuni principi e ad alcune pratiche che consentono
di sviluppare da un lato la
concentrazione, l’attenzione, la presenza mentale, dall’altro la capacità di ridurre lo stress, sviluppare
il benessere psichico
La
meditazione, se chiarita nella sue premesse e finalità ed applicata con
continuità, è uno strumento straordinario per prendersi cura di sé in modo
globale. Prendersi pienamente cura di sé significa seguire una prospettiva che non
deve risultare narcisista ed autocentrata, bensì aperta alla realtà
esterna e dunque all’impegno di prendersi cura degli altri. Prendersi cura di sé significa dunque
attivare contemporaneamente la sensibilità verso se stessi e verso gli
altri.
La
meditazione può essere un percorso da praticare individualmente o in gruppo per
imparare a gestire le emozioni impetuose e i sequestri emozionali, per
potenziare l’energia e la lucidità nelle situazioni che richiedono
conflittualizzazione e negoziazione e per far prevalere gradualmente
l’esperienza di calma e di rilassamento sulle spinte, provenienti dall’attività
professionale, che producono un aumento della tensione e all’affanno. Per
questo è particolarmente indicata per le professioni di aiuto.
c. Il lavoro
autobiografico punta a promuovere e valorizzare le storie di vita, le
condizioni e i processi cognitivi che consentono il racconto di sé attraverso
la scrittura in una prospettiva auto- formativa e riflessiva. La pratica
narrativa autobiografica permette di ricostruire e ripercorrere le esperienze
in un contesto narrativo, vuoi favorendo una memoria legata alla narrazione
obiettivante di situazioni passate, vuoi come possibilità soggettiva di
rivivere quelle situazioni. Per consentire apprendimenti e cambiamenti il pensiero
autobiografico deve stimolare processi autocognitivi che esigono una
distanziamento da se stessi cioè la possibilità di dividersi senza perdersi,
per potersi guardare.
A
queste tre metodologie se ne affiancano delle altre che in qualche misura
possono essere integrate in un percorso di cura di sé a seconda dei processi di
maturazione di un gruppo di lavoro o di formazione.
d.
Lo
psicodramma (termine derivato da
psiche = anima/mente e drao = agisco) indica un approccio psicologico che
esplora i contenuti mentali attraverso l'azione e la rappresentazione
simbolica. La realtà psicologica del soggetto può essere esteriorizzata e
meglio compresa attraverso la drammatizzazione delle diversi parti e dei
diversi ruoli presenti nella mente e nella vita dell'individuo. È un metodo di
sviluppo personale in gruppo e di gruppo che facilita, grazie alla
concretizzazione scenica, lo stabilirsi di un intreccio armonico tra le
esigenze interne m le richieste della realtà, e porta alla riscoperta ed alla
valorizzazione della propria spontaneità e creatività.
Lo
psicodramma consente di definire tecniche
di rielaborazione dell'infanzia rimossa derivano da un approccio integrato
alla psicoterapia del trauma e sono state applicate in ambito terapeutico e,
con gli opportuni adeguamenti, in contesto formativo, nell'esperienza del
Centro Studi Hansel e Gretel. Queste tecniche mirano a sollecitare l'incontro
con il bambino interiore che vuole piangere, che vuole comunicare l’impotenza
vissuta, che vuole protestare, che vuole esprimersi: mirano a favorire il
confronto con i ruoli, le sofferenze, le istanze trasformative della dimensione
infantile che vive nella mente dell'adulto e che continua a rivendicare
ascolto, rispetto e considerazione.
e.
Se
lo psicodramma consente di dare voce al bambino interiore sofferente, la ludopsicologia consente di dare espressione al bambino
interiore che vuole giocare ed aprirsi agli altri con giocosità e
creatività. Nella ludopsicologia il gioco si presenta in modo molto semplice ed è possibile risperimentare l’entusiasmo del
gioco infantile, le sue potenzialità di divertimento e di sperimentazione di nuove possibilità, di
crescita.
La
ludopsicologia prende avvio da
tecniche pedagogiche, tra le quali la ludopsicologia che è il risultato di una ricerca
iniziata vent'anni fa in Uruguay, nel contesto delle dittature militari
dell’America Latina, quale strategia di promozione della partecipazione. Si
tratta di una metodologia pedagogica che
vuole riscattare la dimensione socio-affettiva, l’importanza della relazione,
della soggettività, della corporeità, dell’allegria e del piacere – connesse al
gioco - come fonti e riserve inesauribili ed ancora vergini di conoscenza e di
espressione di sé con potenzialità di applicazione didattica, metodologica e sociale.
Nella nostra prospettiva la ludopsicologia va oltre l’aspetto pedagogico per potenziare
gli aspetti di ascolto e cura di sé,
delle parti giocose non spente dell’adulto e gli aspetti di comprensione,
trasformazione ed elaborazione psicologica dell’individuo e del
gruppo, presenti nel gioco infantile. Si tratta di azionare le capacità del gruppo per
mettere in relazione il percorso ludico proposto con le emozioni incontrate,
con i significati da scoprire, con gli apprendimenti possibili e con
l’elaborazione dei ricordi infantili, con la consapevolezza delle dimensioni
soffocate del Sé.
La ludopsicologia è basata non solo sul recupero del gioco infantile,
con la sua freschezza e vitalità, ma anche con l’elaborazione psicologica,
emotiva e riflessiva, che ne può derivare: in quest’ottica può aiutare molto
gli operatori impegnati nell’accudimento e nella cura dei più piccoli ad
esprimere se stessi e a prendersi cura di sé.
Proponiamo
un’integrazione teorica e metodologica
in particolare tra i primi tre approcci:
l’intelligenza emotiva, le tecniche di
autobiografia, la pratica di meditazione, a partire dall’idea
dell’esistenza di sei principi che accomunano queste tecniche. Anche
lo psicodramma, le tecniche di rielaborazione dell’infanzia rimossa e la ludopsicologia
possono essere utilizzate in questa
prospettiva integrativa possono essere integrati tenendo conto del percorso di
crescita e condivisione di uno specifico gruppo di lavopro o di
formazione.
L’intelligenza emotiva, le tecniche di
autobiografia, la pratica di meditazione:
1)
sono
forme
di cura di sé:
·
con
la meditazione ci si prende cura di due funzioni mentali: la concentrazione e la consapevolezza. Attraverso la meditazione il prendersi cura della
mente avviene senza operare una scissione rispetto al corpo: ci si prende cura,
infatti, della possibilità di rilassarsi nel miglior modo possibile;
·
l’intelligenza
emotiva è prendersi cura dell’aspetto più prezioso del sé l’emozione;
·
la
cura autobiografica di sé consiste nel recuperare e utilizzare ricordi, saperi,
nessi, architetture esistenziali per ri-costruire
la propria identità, per scoprire la propria unicità, per dare senso alla
propria storia;
2)
presuppongono un fermare l’agire:
se
non si esce, anche solo temporaneamente,
dalla logica della prestazione, non si troverà mai il tempo per meditare, per
riflettere sui sentimenti, per fermarsi a scrivere. Prendere tempo per pensare è la cosa che accomuna i tre approcci;
2)
richiedono
concentrazione
e disciplina:
nel
caso della meditazione proprio la concentrazione è un punto fondamentale
dell’attività, è necessario evitare che la mente vaghi tra innumerevoli
pensieri e immagini, concentrando, ad esempio, l’attenzione sul respiro, sul
corpo. Anche fermarsi su una unica emozione, darle un nome è un lavoro di
concentrazione; e la scrittura, è intuitivo, necessita di notevole
concentrazione.
4)
Necessitano di una guida:
è
vero che il soggetto, con il tempo, impara a camminare con le sue gambe, a
leggere le proprie emozioni, a far meditazione da solo, a far l’autobiografia
da solo, ma queste tre tecniche presuppongono una relazione asimmetrica, una
guida, un conduttore, qualcuno che sia più avanti nel cammino e sia in grado di
facilitare il processo di crescita e
di apprendimento nella specifica disciplina;
5)
Inducono il confronto con l’altro:
non
c’è solo una relazione asimmetrica
maestro-allievo, ma anche una relazione
tra pari, con altre persone, in un gruppo dove si può imparare qualcosa
mediante la condivisione, la coralità, l’espressione dei vissuti emotivi. È
importante sottolineare come il confronto con l’altro presupponga l’empatia.
L’empatia è un ingrediente che consente alla relazione tra la guida e l’allievo
di non essere autoritaria e aiuta nel rapporto col gruppo a frenare la
competizione, la distrazione, il giudizio e a favorire il lavoro;
6)
favoriscono l’acquisizione di consapevolezza:
a
diversi livelli e con aspetti specifici queste tre metodologie (come anche il
metodo analitico) mirano a potenziare quella funzione complessa, misteriosa e
straordinaria che è la consapevolezza
e possono avere esiti inefficaci o mistificanti quando viene tradita la
finalità strategica del potenziamento di tale funzione.